L’infezione del tratto urinario (UTI o IVU) è un comune processo infettivo dell’età pediatrica. A differenza dell’adulto vi possono essere conseguenze a lungo termine anche specialmente se vi sono associate malformazioni urologiche. L’ ipertensione e l’insufficienza renale cronica possono essere correlate ad un coinvolgimento renale secondaria di UTI avvenuto nell’infanzia. Per questo motivo, è importante essere consapevoli dei fattori rischio, patogenesi e della gestione delle UTI nei bambini.
Definizioni.
Le infezioni delle vie urinarie derivano da una moltitudine di patogeni e può riguardare un qualsiasi tratto delle vie urinarie, compreso il rene (pielonefrite), la vescica (cistite), e l’uretra (uretrite). Pielonefrite è genericamente considerata come un’infezione del tratto urinario superiore, mentre la cistite e l’uretrite sono considerati essere infezioni del tratto urinario inferiore.
La Pielonefrite è più comunemente accompagnata da febbre alta e soprattutto nei neonati può condurre ad alterazioni renali con permanente danno del parenchima. Fino al 40% dei neonati con un’episodio di pielonefrite evidenzierà scar renali alla scintigrafia renale. Questo danno diventa più probabile con il ripetersi delle infezioni del tratto urinario superiore. Per questo motivo la differenziazione tra le infezioni del tratto superiore e inferiore è un fattore critico.
Le infezioni del tratto urinario possono essere anche classificate come complicate o non complicate, o come primo episodio infettivo o come ricorrente. Diversi fattori rendono poi un’infezione di tipo complicato. Uno dei fattori più importanti è la presenza di anomalie anatomiche o funzionali del sistema genito-urinario come il reflusso vescico-ureterale (VUR).
Infezioni del tratto urinario, che sono accompagnate da febbre, e in particolare quelli che si verificano nel periodo neonatale e nella prima infanzia sono anch’esse considerate come infezioni complicate.
IVU non complicata sono infezioni che insorgono in assenza di uno qualsiasi di questi fattori.
Un’altra considerazione importante che influenza la gestione e la valutazione clinica di un bambino è se l’UTI è la prima o se si tratta di un’infezione ricorrente.
Le infezioni ricorrenti rientrano in 3 categori: quelle irrisolte, le persistenti e le reinfezioni.
Nei pazienti con infezione irrisolta la prima cultura e tutte le successive mostrano la persistenza dello stesso battere. In questi casi, il battere originale dell’infezione non è mai stato cancellato dal tratto urinario. Al contrario, nella persistenza, l’infezione iniziale mostra una risoluzione, comprovata dall’indagine colturale negativa, e poi l’infezione si ripresenta con lo stesso organismo. Allo stesso modo della reinfezione anche nell’infezione ricorrente l’infezione iniziale è stata risolta, tuttavia nell’infezione ricorrente si presentano diversi agenti patogeni o di un ceppo sierologico del precedente agente patogeno.
Le infezioni irrisolte possono essere determinate da una non corretta terapia antibiotica o più gravemente dalla selezione di un battere multiresistente.
La persistenza batterica può indicare un nidus occulto per il processo infettivo. Il nidus può per esempio essere un corpo estraneo come un catetere o unp stent ureterale, o da un calcolo.
Anche una malformazione anatomica o funzionale di tipo ostruttivo può fungere da serbatoio per queste infezioni. L’ostruzione delle vie urinarie elimina il normale flusso anterogrado di urina e promuove la stasi urinaria e quindi l’infezione cronica. Le cause anatomiche ostruttive possono derivare dalla presenza di valvole posteriori dell’uretra, da un megauretere ostruttivo o malattia del giunto pielo-uretereale. Un’ostruzione funzionale può includere condizioni come una vescica neurogena, in cui la vescica svuota solo a pressioni molto elevate con conseguente idronefrosi creando un serbatoio per l’infezione sia nella parte superiore che inferiore delle vie urinarie.
Entrambi, ostruzione funzionale e anatomica, favoriscono le infezioni ricorrenti evitando il normale svuotamento di urina, fisiologico fattore di difesa dell’ospite alle infezioni.
La reinfezione del sistema urinario con un diverso patogeno può essere un problema ricorrente correlato a pazienti geneticamente suscettibile alle UTI. Inoltre gli stessi pazienti che presentano anomalie anatomiche o funzionali delle vie urinarie possono presentare predisposizione sia per la persistenza batterica che per le infezioni ricorrenti.
Incidenza.
Dopo il 1° anno di vita l’incidenza di UTI è molto più frequente nelle femmine rispetto ai maschi. Durante il 1° anno di vita invece i maschi hanno una incidenza di UTI del 2,7%, mentre le femmine solo dello 0,7%.
In età adulta, le ragazze hanno invece un’incidenza più elevata. Nei bambini di età compresa fra 1 e 5 anni, l’incidenza di UTI per anno nei maschi è dello 0,1-0,2% e nelle femmine dello 0,9-1,4%. Dall’età di 6-16 anni l’incidenza della di UTI è stabile. Nei ragazzi è dello 0,4% per anno e nelle ragazze si avvicina al 2,3% l’anno.
Con l’inizio dell’attività sessuale, questa incidenza sale al 11% nelle donne, ma non si modifica per gli uomini. In generale, circa i due terzi delle donne avrà un’infezione del tratto urinario durante la loro vita.
Età M % F % 0-1 anni 2,7 0,7 1-5 anni 0,1-0,2 0,9-1,4 6-16 anni 0,04-0,4 0,7-2,3
Modalità.
Alcuni ipotizzano che nei primi mesi di vita l’ IVU può essere causata dalla diffusione ematogena di germi patogeni, ossia da batteriemia transitoria. Dopo questo periodo di tempo, tuttavia la maggior parte delle IVU derivano più frequentemente da agenti patogeni fecali. In queste infezioni la contaminazione e colonizzazione del perineo e del meato uretrale può essere il principale fattore di sviluppo delle UTI.
Questo spiega perché le femmine sono a più alto rischio rispetto ai maschi. Le pieghe peri-uretrali e l’ambiente umido della vagina possono promuovere la colonizzazione batterica intorno al meato uretrale. Inoltre la minore lunghezza dell’uretra permette all’infezione di progredire più facilmente verso vescica rispetto al maschio.
Una volta che i batteri hanno guadagnato l’accesso alla vescica la colonizzano con una tenace adesione alla mucosa. Questo processo di colonizzazione e la successiva proliferazione è determinato da un complesso equilibrio tra lo stato immunitario dell’ospite ed i fattori di virulenza dei batteri. Un coinvolgimento prossimale dei reni determinarà il verificarsi di una pielonefrite anche indipendentemente dalla presenza o meno di reflusso vescico-ureterale.
Patogeni.
Numerosi organismi compresi i virus, lieviti e batteri possono causare UTI. Tuttavia la più comune causa di UTI in un bambino altrimenti sano con un normale sistema immunitario è determinata da batteri.
In entrambi i pazienti adulti e pediatrici, l’Escherichia coli è la causa più comune di UTI.
L’Escherichia coli rappresenta il 77-93% delle IVU batteriche. Altri batteri comuni che causano infezioni del tratto urinario sono Enterococcus, Klebsiella, Enterobactercloacae, Serratia, Staphylococcus aureus, Pseudomonas aeruginosa, Streptococcus e Proteus.
La maggior parte dei batteri patogeni che causano UTI derivano dal tratto intestinale.
Il fattore più significativo dei batteri uropatici è la loro capacità di aderire all’epitelialio urinario. Pili o fimbre sono delle appendici, composto di proteine, che consentono al battere di aderire alla membrana. L’Escherichia coli di tipo 1 è quella che più frequentemente causa UTI. Un’altra forma, detta P, è così chiamata per la sua capacità di legarsi all’antigene P del sangue è associata a ceppi di che causano più frequentemente pielonefrite.
L’adesione Batterica, la colonizzazione e la successiva UTI è quindi un processo complesso che coinvolge un equilibrio tra la virulenza batterica e la risposta immunitaria dell’ospite.
Fattori di rischio.
Razza e sesso. Alcuni studi hanno suggerito che i bambini caucasici sono più inclini alle infezioni urinarie rispetto i bambino di colore. Questo è particolarmente vero nelle femmine in cui l’incidenza di UTI, durante una malattia febbrile nei primi 2 anni di vita, è stata del 16% fra le bambine caucasiche rispetto al 2,7% per quelle di colore. Questa disparità può essere secondaria a differenze di antigeni dei gruppi sanguigni espressa sulla superficie delle cellule uro-epiteliali e dalla capacità dell’Escherichia coli di aderire a queste cellule. Come accennato in precedenza il sesso gioca un ruolo importante nella sensibilità all’ UTI.
Durante il 1° anno di vita, in particolare all’interno dei primi 6 mesi di vita, i bambini non circoncisi hanno una maggiore incidenza di UTI rispetto le bambine. Così il prepuzio sembra, almeno per un breve periodo nella vita di un uomo, essere una causa di UTI. Successivamente, e fino all’età adulta, le ragazze, come abbiamo già visto, hanno poi una maggiore incidenza di UTI, superando i maschi con un rapporto di almeno 4:1.
Precedente infezione.
Uno dei più significativi fattori di rischio per un nuovo episodio di UTI è un precedente episodio di infezione.
Questo è stato ben riconosciuto nelle donne adulte ed è vero anche nei bambini.
Dei bambini che hanno una UTI nel 1 ° anno di vita il 26% delle ragazze e il 18% dei ragazzi sono destinati ad avere un ulteriore UTI nei mesi sucessivi l’infezione iniziale. Dei bambini che hanno un’infezione dopo il 1 ° anno di la vita il 32% dei ragazzi e il 25% delle ragazze avranno un ulteriore infezione in futuro. Il numero di precedenti infezioni aumenta anche la probabilità di una recidiva.
Dopo che una ragazza ha avuto tre episodi di IVU ha il 75% di probabilità di avere una nuova infezione.
Circoncisione.
Difficile confutare la tesi secondo cui la circoncisione diminuisce i rischi di malattie sessualmente trasmissibili, Infezione da HIV, di uno sviluppo del carcinoma del pene e anche UTI. In bambini che non sono stato circoncisi il rischio di UTI è stato costantemente ritenuto di circa 10 volte maggiore nel 1° anno di vita rispetto i circoncisi. La fisiologica ragione di questo aumento di incidenza di UTI nei maschi non circoncisi è stato ben chiarito. Durante il 1 ° anno di vita vi è un aumento della colonizzazione del tessuto peri-uretrale del prepuzio interno tale da consentire la risalita per via retrograda fino in vescica dell’infezione. Questa peri-colonizzazione uretrale diminuisce dopo il 1° anno di vita fino all’età di 5 anni quando vi è poca differenza tra un non circonciso e un ragazzo circonciso. Il 29% dei bambini non circoncisi, con meno di un 1 anno di età, con UTI necessitano di un ricovero ospedaliero, rispetto al 18% dei circoncisi e l’8% delle bambine. Un’altra considerazione importante
è che il 1° anno di vita è anche il periodo di tempo in cui i bambini sono più esposti a formare scars renali come sequele permanenti di UTI. Al momento ci sono prove scientifiche sufficienti a dimostrare il potenziale beneficio della circoncisione maschile, tuttavia tali dati non sono sufficienti a raccomandare la circoncisione neonatale di routine. La circoncisione è un argomento molto dibattuto in ambito medico e resta ancora da stabilire se il potenziale beneficio medico supera i costi e tutti gli altri fattori culturali e psicologici.
Diagnosi.
Diagnosi di infezione delle vie urinarie in un bambino e un neonato può essere piuttosto difficoltoso come i segni ed i sintomi di una UTI sono non specifici. I segni ed i sintomi di IVU in un bambino febbrile possono includere dolore addominale, sovrapubico o al fianco, ittero, cattivo odore dell’urina, come la mancanza di identificazione di altra eziologia in grado di spiegare la febbre in un bambino.
Nei primi 2 anni di vita in una febbre, senza identificazione eziologia, superiore ai 38,5°C si ha un’incidenza di UTI del 3,3%. UTI è una delle più comuni cause di sepsi grave neonatale e infantile e nelle prime 8 settimane di vita l’incidenza di UTI in un bambino con una malattia febbrile inspiegabile è addirittura del 13%.
In ogni malattia febbrile inspiegabile, in un bambino che si non è in grado di verbalizzare i sintomi, il sospetto di alta di UTI deve essere preso in considerazione.
L’analisi delle urine fornirà informazioni circa la presenza di UTI. I Nitriti, quando presenti, possono suggerisce la presenza di batteri in quanto è un sottoprodotto del metabolismo batterico, tuttavia, questo parametro non è specifico e dipende dal momento della raccolta dell’urina. Il primo campione del mattino è il migliore in quanto il battere ci tiene diverse ore per elaborare i nitriti. Inoltre gli enterococchi (la seconda o la terza causa principale di UTI nei pazienti pediatrici) non produce nitriti. L’analisi delle urine in un paziente con una UTI spesso mostra anche la presenza di esterasi leucocitaria. L’Esterasi leucocitaria è un enzima rilasciato quando i globuli bianchi sono lisati nelle urine e indica un livello significativo di leucocituria.
Una parte importante dell’analisi delle urine è l’esame microscopico. Quando ci sono valori superiori ai 5 globuli bianchi per campo il dato è significativo per laucocituria. Maggiore il riscontro di globuli bianchi maggiore l’indicazione alla positività per UTI.
Nel complesso, il valore predittivo positivo per un UTI quando ci sono nitriti, esterasi leucocitaria, batteri e leucociti in un campione di urina è praticamente del 100%.
Quando il sospetto di UTI è basato sul dato clinico e l’analisi delle urine presenta il quadro di cui sopra il trattamento medico deve essere subito iniziato.
Comunque la coltura batterica delle urine rimane il gold standard per stabilire la diagnosi di UTI e per questo motivo le urine del paziente dovrebbero essere inviate per coltura batterica prima dell’inizio della terapia antibiotica.
Tradizionalmente una crescita superiore a 105 (10^5) unità formanti colonia (CFU) di batteri all’interno di una cultura delle urine indica infezione.
Questo limite è stato contestato negli adulti e in molte donne sintomatiche, che si trovano ad avere meno batteri di 105 CFU e spesso sviluppano una UTI se non sono trattati. Allo stesso modo fino al 21% dei bambini febbrili che presenta UTI crescono solo 104-105 CFU sulla cultura urinaria. Per questo motivo molti pediatri sostengono che 104 CFU dovrebbe essere la soglia per la diagnosi di IVU nei bambini.
Raccolta delle urine.
Il metodo più semplice di raccolta di un campione di urina per l’analisi e la cultura batterica è tramite il sacchetto. Questo metodo è utile se l’analisi delle urine è negativo, ma non serve, se le urine suggerisce l’infezione in quanto la contaminazione fecale può facilmente fornire all’analisi delle urine dei falsi positivi. A tal fine diventa indispensabile interpretare l’urinocoltura con l’esame microscopico delle urine e ovviamente con la clinica.
Altri due metodi sono stati comunemente impiegato per ottenere un campione sterile di urina quando la diagnosi corretta è fondamentale, ad esempio come in un bambino o neonato con inspiegabile malattia febbrile. Questi metodi sono l’aspirazione sovrapubica della vescica e il cateterismo uretrale sterile. La tecnica deve essere effettuata con la stretta aderenza alle condizioni di sterilità per prevenire la contaminazione del campione.
Il cateterismo uretrale è un metodo semplice, ben tollerato dai pazienti ed è probabilmente sempre percepita come meno invasiva da parte dei genitori rispetto la puntura sovrapubica. Il cateterismo uretrale può però non essere possibile quando si è in prsenza di anomalie dell’uretra o del collo vescicale.
Trattamento.
Ci sono varie controversie riguardanti il trattamento medico delle UTI.
Queste riflessioni riguardano l’inizio del trattamento, il decorso del trattamento, l’uso di antibiotici per via orale versus parenterale ed infine la necessità e la tempistica delle immagini radiologiche.
Quando una semplice UTI, in assenza di febbre, è stata identificata sulla base dei sontomi o sulla base di un’analisi delle urine o di una cultura positiva, la terapia antibiotica per via orale deve essere iniziata. Questa terapia consiste comunemente di amoxicillina, amoxicillina-cluvulanico, cefalosporina o trimetoprim-sulfametossazolo (TMP-SMX).
La durata della terapia antibiotica per via orale è discusso. Il trattamento negli adulti con un minimo di 3 giorni di TMP-SMX o flourochinolone è risultato essere efficace quanto
i regimi di trattamento più lunghi. Una recente revisione di terapia a breve termine (2-4 giorni) rispetto quella a lungo termine (7-10 giorni), dalla Cochrane Collaboration, non ha mostrato alcuna prova che la terapia a lungo termine sia vantaggiosa. Il tasso di recidiva e tasso di reinfezione è rimasto lo stesso fino a 15 mesi dopo il trattamento sia con un breve che con un lungo ciclo di terapia.
L’isolamento di organismi resistenti ha mostrato la tendenza a favorire la terapia a breve termine. Tuttavia, gli autori hanno concluso che non vi sono ancora sufficienti prove tali da raccomandare il ciclo breve rispetto al lungo. E ‘importante sottolineare che questi studi sono stati realizzati su bambini con semplice UTI e cioè bambini senza febbre, tossiemia, o in cui si sospettava una pielonefrite. Questi ultimi infatti hanno una maggiore probabilità di presentare una malformazione genito-urinario di interesse chirurgico.
La terapia antimicrobica (pielonefrite).
La maggior parte dei medici utilizzano una cefalosporina di III-IV generazione, eventualmente in collaborazione con un aminoglicoside durante la fase acuta del trattamento e quindi la transizione al paziente di un farmaco equivalente orale una volta che la febbre è stata ridotta, di solito dopo circa 48 h.
La Nitrofurantoina è uno di questi antibiotici e che rimane una buona scelta per UTI non complicate e come profilassi ma non per il trattamento di un episodio febbrile di UTI. L’American Academy of Pediatrics raccomanda che i bambini con febbre persistente dopo 48h necessitano di un’altra cultura delle urine e di una ecografia renale-vescicale. Se un bambino risponde bene agli antibiotici l’imaging può essere rimandata (ma non evitata) a dopo che l’infezione è passata.
La gamma completa di immagini per individuare patologie urologiche va oltre gli scopi di questo capitolo e sarà affrontato altrove nel sito, tuttavia le indagini iniziali in un paziente con febbre e un UTI è un’ecografia vescica-renale ed una cistografia minzionale.
Dopo la risoluzione della pielonefrite una terapia antibiotica profilattica deve essere iniziata fino a quando la valutazione chirurgica non è stata completata. In diversi studi randomizzati, l’uso di una terapia profilattica antibiotica è stato dimostrato diminuire l’incidenza di recidiva di UTI. Le popolazioni all’interno di questi studi sono eterogenee. Comunque la maggior parte dei clinici concordano sul fatto che all’inizio la profilassi antibiotica sia giustifica, dopo un episodio di pielonefrite, fino a che gli studi di imaging siano stati completati.
La base di questa pratica è la correlazione ben riconosciuta tra scars renali ed il numero di episodi di pielonefrite, specialmente nei bambini piccoli. Molti differenti antibiotici sono stati utilizzati per prevenire le UTI ricorrenti. L’antibiotico ideale dovrebbe avere uno scarso effetto sul piano intestinale, deve essere facile da gestire per il bambino e il genitore e presentare scarsi effetti collaterali. La scelta rimane quindi difficile e va valutata, secondo noi, di volta in volta a seconda del bambino e del contesto familiare.